I volontari della Diaconia Valdese all'estero

Ai confini del mondo

Come iniziare questo post? Mh..

Sono Antonia e parto dal principio.
La nostra “send organization” ci ha chiesto un post al mese, è una cosa complicatissima non credo  di riuscirci, magari uno ogni tanto. Non sono brava a scrivere quando so che sono in tanti a leggere, mi viene l’ansia, storie del tipo “oddio cosa devo scrivere? Magari non gli frega a nessuno di sta cosa”. Detto ciò eccomi qui, il resoconto di un mese ai “confini del mondo”. No, non sono in Siberia, ma l’idea di vivere al confine mi da un po’ questa sensazione. Karvinà è una città di circa 59mila abitanti, sono in Repubblica Ceca, ma se mi perdo nel parco finisco in Polonia. Prima di partire gli unici pensieri continui erano “E se non mi piace? Se non capisco una mazza? Se mi annoio? Posso tornarmene a casa prima?” Non avevo tenuto conto, nemmeno una lontana ipotesi, manco un ricordo dimenticato tipo Inception magari mi piace, magari mi trovo bene, magari, come m’ha detto F. (ex volontaria italiana), “ci ho lasciato un pezzo di cuore”. Ebbene si, mi piace. Mi piace l’aria, mi piace l’idea, mi piacciono le persone, mi piace la scuola, mi piace tutto, alcune volte sembra di essere a Rapolla, ma solo alcune volte. Karvinà alla fine è una piccola situazione come tante altre, l’importante è trovare il tuo posto e io l’ho trovato, la mia poltrona verde nel bar all’ultimo piano della libreria comunale.

Non voglio star qui a menarmela su quanto sia difficile mollare tutto, cambiare vita e ricominciare da capo, non voglio star qui a dirvi quanto è complicato comprare il prosciutto al supermercato e spiegare al barista che voglio una birra media, non voglio nemmeno dirvi di quanto sia difficile avere la famiglia distante (anche se alla fine pensandoci sono le stesse ore di viaggio che facevo da Milano per tornare a casa, credo sia solo l’idea di vivere all’estero) e nemmeno dirvi di quanto mi manchino i miei amici. Voglio dirvi che se tornassi indietro di qualche mese prenderei la stessa decisione, manderei quella mail tanto pensata, premerei “invio” ancora e ancora.

Non voglio raccontarvi del mio lavoro a parte che sono volontaria in una scuola per ragazzi disabili, è un lavoro come un altro, piuttosto vorrei raccontarvi dell’amore che ci mettono ogni giorno le docenti con cui lavoro, vorrei raccontarvi di come i ragazzi si aiutano tra di loro, di come si supportano, di come si amano. Vorrei raccontarvi di quanto apprezzo il tempo che ho a disposizione, di come ne vorrei ancora e ancora.
Vorrei raccontarvi di ogni persona presente in quella scuola, di T. e i momenti in cui si perde nel suo mondo, di H. e della sua forza, di M. e i suoi sogni, di S. e i suoi sguardi pieni di gioia, di quando O. si gira e non mi guarda e di quando mi sorridere mentre lo aiuto a mangiare. Non voglio star qui a fa la smielosa ma alla fine è questo quello che faccio, sto qua, con loro e basta, è abbastanza.

Detto ciò i momenti di crisi ci sono sempre, non è tutto rose e fiori come voglio far sembrare, credo che la cosa più importante sia aver pazienza, pazienza di ascoltare e lasciarsi ascoltare, perché alla fine anche se non parli la stessa lingua ci si capisce, se ho bisogno di una mano con gli orari dell’autobus c’è la coppia di vecchietti che ti dice “ti accompagnamo noi”, perché se non sai dove ferma l’autobus ci sarà sempre la signora che trova un attimo per te e ti saluta con la mano quando il bus parte per la tua nuova destinazione. Perché se non sai come spiegare alla docente che l’adori c’è sempre google traduttore oppure urli “Làska” a tutto il mondo, perché anche se la gente non ti saluta sotto casa, dopo un mese sanno che abiti nel loro stesso palazzo e ti tengono la porta aperta quando arrivi con la spesa.

Sinceramente non so come concludere questa mail, eccetto dicendovi che alla fine i cambiamenti non sono così male come sembrano.

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P.s. Sono seduta nel mio angolo preferito al bar, c’è un evento del quale non capisco na mazza, loro parlano io ho le cuffie. La cameriera è appena arrivata e mi ha portato una fetta di torta alle prugne dicendo “la signora te la offre”. La signora sta cercando di farmi mangiare anche il suo Bignè, la signora non sa che ho già mangiato una fetta di torta alle prugne oltre alla sua e che questa sera avrò mal di pancia. Questa è la Repubblica Ceca.

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